Vestiti firmati e auto di lusso per ingannare il venditore: legittimo parlare di truffa
Condanna definitiva per un uomo che ha pagato una costosa bici con un assegno inesigibile

Paga la bici con un assegno inesigibile ma si presenta alla chiusura dell’affare vestito bene e alla guida di un’auto di lusso: condannato per truffa Respinta la tesi difensiva, mirata a catalogare l’episodio come mera insolvenza fraudolenta. Decisivo, secondo i giudici (sentenza numero 1784 del 15 gennaio 2025 della Cassazione, il riferimento alla condotta tenuta dal compratore e mirata a trarre in inganno il venditore, facendo presumere grosse disponibilità economiche – inesistenti, in realtà –, con tanto di carnet di assegni. Scenario della vicenda è la provincia lombarda. Protagonista in negativo è un uomo che contatta il venditore di una bici – costosa, peraltro – e gli assicura di essere pronto a concludere l’affare. Ultimata la trattativa, il compratore si presenta all’incontro con il venditore, gli consegna un assegno di 1.600 euro e si porta via la bicicletta. Tutti contenti, quindi. Ma la soddisfazione del venditore dura pochissimo, poiché scopre, pochi giorni dopo, che l’assegno consegnatogli dal compratore non è in realtà esigibile. Inevitabile, a quel punto, lo strascico giudiziario, che vede il compratore condannato, sia in primo che in secondo grado, per truffa. Questa valutazione viene contestata fortemente in Cassazione dalla difesa, che ritiene sia più logico parlare di mera insolvenza fraudolenta, poiché il compratore si è limitato a consegnare un assegno inesigibile, non ha garantito la solvibilità dell’assegno e con il proprio atteggiamento ha dissimulato il proprio stato di insolvenza. Per i magistrati di Cassazione, però, la visione proposta dalla difesa non è affatto condivisibile. Ciò innanzitutto alla luce del principio secondo cui il delitto di truffa si distingue da quello di insolvenza fraudolenta perché nella truffa la frode è attuata mediante la simulazione di circostanze e di condizion non vere, artificiosamente create per indurre altri in errore. Ragionando in questa ottica, è inequivocabile, secondo i giudici, la condotta tenuta dal compratore della bici. Nello specifico, egli ha artificiosamente ostentato le proprie disponibilità economiche alla persona offesa e lo ha fatto al precipuo fine di indurla in errore e di farsi consegnare la bicicletta. E ciò è avvenuto presentandosi alla vittima con dei bei vestiti, con una automobile di lusso (non di sua proprietà), con un carnet di assegni da cui ha disinvoltamente tratto quello rimasto insoluto. In sostanza, ci si trova di fronte ad una condotta volta a suggestionare la persona offesa, ampliando l’immagine esterna delle proprie possidenze economiche in modo furbo e malizioso, circostanza che determina, osservano i giudici, la sussistenza del raggiro nella fase della trattativa finalizzata alla commissione del reato, così correttamente qualificato come truffa.