Uso delle parti comuni: tale diritto non può essere negato dall’assemblea
L’assemblea può regolamentare le modalità d’uso delle cose comuni per renderle più ordinate e razionali, ma non può validamente contemplare l’assegnazione esclusiva e per tempo indefinito di porzioni del bene comune, né trasformare la destinazione originaria rendendone inservibili talune parti all’uso di singoli condòmini
Il condòmino ha diritto all’uso delle parti comuni dell’edificio in quanto titolare di unità immobiliare facente parte del complesso condominiale, e tale diritto non può essere negato dall’assemblea condominiale attraverso una regolamentazione che renda le parti comuni inservibili al godimento individuale del singolo partecipante. Invece, l’assemblea può regolamentare le modalità d’uso delle cose comuni per renderle più ordinate e razionali, ma non può validamente contemplare l’assegnazione esclusiva e per tempo indefinito di porzioni del bene comune, né trasformare la destinazione originaria rendendone inservibili talune parti all’uso di singoli condòmini.
Questi i punti fermi fissati dai giudici (ordinanza numero 16398 del 18 giugno 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso sorto in uno stabile in quel di Salerno e relativo all’accesso, vantato da un condòmino, ad un locale terraneo di sua proprietà.
Più nello specifico, la causa è relativa alla domanda del condòmino di poter transitare tramite una porta chiusa con cancello per fare accesso, uti condòmino, ad un’area pacificamente comune, rientrante nel complesso edilizio del condominio e adiacente al locale di sua proprietà esclusiva.
In Appello è stato negato tale diritto rivendicato dal condòmino. Ciò perché, secondo i giudici, preordinato a effettuare nel cortile operazioni di carico e di scarico di merci che pregiudicherebbero l’uso degli altri condomini per il transito ed il parcheggio di veicoli.
Di diverso parere, invece, i magistrati di Cassazione, i quali ricordano che, in generale, è consentito all’assemblea, nell’ambito del potere di regolamentazione dell’uso delle cose comuni ad essa spettante e con delibera approvata con maggioranza ad hoc, individuare all’interno del cortile condominiale i singoli ‘posti auto’ di cui possano fruire i singoli partecipanti, al fine di rendere più ordinato e razionale il godimento paritario, ovvero, allorché sia impossibile il simultaneo godimento in favore di tutti i comproprietari, prevedere il godimento turnario del bene. Una siffatta delibera mantiene, invero, un valore meramente organizzativo delle modalità d’uso delle cose comuni, senza menomare i diritti dei condòmini di goderne e di disporne.
La regolamentazione dell’uso della cosa comune ai fini della individuazione dei posti auto, in assenza dell’unanimità, deve comunque seguire il principio della parità di godimento tra tutti i condòmini, il quale impedisce che possa essere riconosciuto soltanto ad alcuni il diritto di fare un determinato uso del bene. La delibera non può invece validamente contemplare la definitiva assegnazione nominativa a favore di singoli condòmini, in via esclusiva e per un tempo indefinito, di posti fissi nel cortile comune per il parcheggio delle autovetture, né trasformare l’originaria destinazione del bene comune rendendone inservibili talune parti dell’edificio all’uso o al godimento anche di un singolo condòmino, né addirittura procedere alla divisione del bene comune con l’attribuzione di singole porzioni individuali, occorrendo a tal fine l’espressione di una volontà contrattuale e quindi il consenso di tutti i condòmini. Parimenti, l’assemblea può disporre la chiusura del cancello carraio di un’area cortilizia, impedendo ai terzi estranei l’indiscriminato accesso, previa consegna delle chiavi di apertura ad ogni condomino.
Invece, i giudici d’Appello, paventando un abuso delle parti comuni da parte del condòmino, ne ha negato a quest’ultimo, in pratica, l’uso, rendendole inservibili al suo godimento individuale, annotano criticamente i magistrati di Cassazione.
In generale, la disciplina del condominio di edifici è costruita sulla base di un insieme di diritti e obblighi, armonicamente coordinati, contrassegnati dal carattere della reciprocità, che escludono la possibilità di fare ricorso alla disciplina in tema di servitù, presupponente, invece, fondi appartenenti a proprietari diversi, nettamente separati, uno al servizio dell’altro.
Così, a fronte di una domanda volta, come in questa vicenda, unicamente all’accertamento del diritto sulla porta di accesso all’area cortilizia, in Appello è stata compiuta una forzatura, accertando un superamento dei limiti del pari uso della cosa comune.
Al riguardo, invece, può solo considerarsi che le due fondamentali limitazioni poste dal Codice Civile all’uso della cosa comune da parte di ciascun condòmino, ovvero il divieto di alterarne la destinazione e l’obbligo di consentirne un uso paritetico agli altri comproprietari, non impediscono al singolo partecipante, entro determinati limiti, di servirsi di essa anche per fini esclusivamente propri, traendone ogni possibile utilità.
Perciò, nella vicenda in esame è necessario accertare se la sosta di mezzi meccanici nel cortile comune, ovvero la stabile occupazione del cortile stesso mediante parcheggio per lunghi periodi di autovetture, ne pregiudichino la transitabilità o la contemporanea fruibilità da parte degli altri condòmini