La Corte di Giustizia UE respinge la raccolta forzata di dati biometrici dell’indagato se non strettamente necessario
Se una legge nazionale richiede la raccolta sistematica dei dati biometrici e genetici di un individuo accusato di un reato doloso procedibile d'ufficio per la registrazione di tali dati, senza imporre all'autorità competente di verificare e dimostrare la necessità di questa raccolta, il tribunale al quale si rivolge l'autorità competente per l'esecuzione coattiva di tale raccolta non può garantire il rispetto di tale obbligo
La questione in esame è emersa da un caso sollevato dal Tribunale di Sofia, che ha chiesto se la raccolta forzata di dati biometrici e genetici (come foto, impronte digitali, DNA) di un'imputata di un reato dovesse essere considerata strettamente necessaria e in linea con la legge. Le autorità di polizia hanno invocato prove chiare della colpevolezza della donna, sostenendo che il giudice sarebbe dovuto intervenire coercitivamente per ottenere i dati, nonostante il rifiuto della donna di fornirli.
La questione centrale era la necessità di dimostrare la stretta indispensabilità della raccolta coatta di tali dati da parte della polizia. È stato sottolineato che l'obbligo di verifica e dimostrazione della necessità di tale raccolta ricade sulle autorità competenti, che comprendono sia la polizia che altri enti pubblici responsabili dell'applicazione della legge.
La Direttiva sottolinea la sensibilità di tali dati e la necessità di garantire la protezione dei diritti fondamentali delle persone, in particolare il diritto alla privacy. Il trattamento indiscriminato e generalizzato di tali dati è vietato; pertanto, è essenziale dimostrare che la raccolta è strettamente necessaria. Questo onere di dimostrazione spetta all'autorità competente, in questo caso alla polizia, che è responsabile del trattamento dei dati.
Nel caso in cui un soggetto si rifiuti di consentire la raccolta dei dati biometrici e genetici, spetta alla polizia effettuare tale valutazione. Le autorità giudiziarie devono assicurarsi che tale procedura venga rispettata e, se necessario, chiedere informazioni sulla procedura penale. Va ricordato che durante la pandemia di Covid, è stata introdotta una deroga al GDPR per la creazione del green pass che riguarda la raccolta di dati personali senza il diretto consenso dell'interessato.
È importante notare che, se l'indagata avesse fornito il suo consenso informato, l'obbligo di raccolta dei dati non sarebbe stato necessario. In tal caso, la raccolta sarebbe stata effettuata in conformità con la normativa GDPR e senza particolari restrizioni (CGUE del 28 novembre 2024).