E’ reato impedire al padre di vedere la figlia

Il motivo plausibile e giustificato, che può costituire valida causa di esclusione della colpevolezza, è solo quello che, pur senza configurare l’esimente dello stato di necessità, sia stato comunque determinato dalla volontà di esercitare il diritto-dovere di tutela dell’interesse del minore, in situazioni, transitorie e sopravvenute, non ancora devolute al giudice per l’eventuale modifica del provvedimento di affidamento, ma integranti i presupposti di fatto per ottenerla.

E’ reato impedire al padre di vedere la figlia

Una madre ha commesso un reato impedendo al padre di vedere la figlia, violando così una decisione del tribunale sul diritto di visita nei confronti della minore. Questo è quanto rivelato nella sentenza numero 41818/2024, in cui la seconda sezione penale della Cassazione conferma i principi consolidati in materia.

Dopo che la Cassazione ha annullato la precedente decisione con rinvio, la Corte territoriale ha nuovamente esaminato il caso e ha condannato una madre per aver negato al padre il diritto di visita con la figlia minore, non rispettando la sentenza emessa dal tribunale civile di Messina.

La madre ha presentato ricorso contro questa decisione, sostenendo che i requisiti per il reato non erano presenti e che la motivazione della sentenza era contraddittoria riguardo alla valutazione delle prove. La difesa ha affermato che la bambina, portata dagli assistenti sociali come richiesto dal giudice della separazione, aveva rifiutato di incontrare il padre per ragioni non legate all'influenza della madre, sostenendo che tutte le circostanze che avevano ostacolato il diritto di visita erano state superate.

La Corte suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile a causa della manifesta infondatezza delle argomentazioni presentate.

Secondo i giudici, la Corte territoriale ha correttamente valutato la responsabilità penale della ricorrente, sottolineando che la madre non ha permesso al padre di trascorrere del tempo con la figlia seguendo le disposizioni emesse dal tribunale civile nell'interesse della bambina, come confermato dalla parte civile e mai negato dalla madre stessa. La giustificazione della madre è stata considerata inappropriata per l'età della bambina e come indice di un'influenza scorretta esercitata dalla madre, il cui ruolo era anche di favorire un rapporto equilibrato con entrambi i genitori per il benessere della bambina.

La sentenza impugnata si è basata su principi stabiliti riguardo alla mancata esecuzione di una decisione del tribunale civile sull'affidamento di un minore, sottolineando che l'unico motivo valido per evitare la colpevolezza è quello che dimostri la volontà di tutelare il minore in situazioni necessarie, che non siano ancora state portate davanti al giudice per una modifica delle disposizioni. La Corte suprema ha dichiarato quindi il ricorso inammissibile e ha condannato la madre al pagamento delle spese legali, oltre a una multa e al rimborso delle spese legali della parte civile.

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