Niente risoluzione anticipata del comodato se il bene immobile è assegnato come casa familiare all’ex coniuge
Il coniuge affidatario della prole minorenne, o maggiorenne non autosufficiente, assegnatario della casa familiare, può opporre al comodante, che chieda il rilascio dell’immobile, l’esistenza di un provvedimento di assegnazione

Il comodato di un bene immobile ha, anche se stipulato senza limiti di durata e in favore di un nucleo familiare, carattere vincolato alle esigenze abitative familiari, sicché il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento dell’immobile anche oltre l’eventuale crisi coniugale, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed imprevisto bisogno. Di conseguenza, il coniuge assegnatario della casa familiare può opporre al comodante che chieda il rilascio dell’immobile l’esistenza di un provvedimento di assegnazione solo se il contratto abbia contemplato la destinazione del bene a casa familiare, e tale rapporto persiste finché sussistono le necessità familiari che avevano legittimato l’assegnazione dell’immobile.
Questi i chiarimenti forniti dai giudici (ordinanza numero 17095 del 25 giugno 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso sorto tra due ex coniugi in merito alla gestione dell’immobile assegnato alla donna (e alla figlia minorenne) come casa familiare.
Illuminanti i dettagli della vicenda: tra l’uomo e la madre era stato stipulato un comodato familiare avente ad oggetto l’immobile – utilizzato dall’uomo e dalla consorte e dalla figlia come casa –, comodato che, protrattosi per circa tredici anni, non era scaduto per il fatto che l’ex moglie, insieme alla figlia minore, si fosse trasferita altrove, in quanto ciò era avvenuto sotto la condizione risolutiva del mancato contributo dell’ex marito al pagamento del canone di locazione dell’altra abitazione. Inoltre, non è stato dimostrato un urgente, imprevisto bisogno delle parti tale da giustificare la risoluzione del comodato. Di conseguenza, neanche la madre dell’uomo può opporre il titolo di comproprietaria sull’immobile assegnato alla ex nuora.
Ampliando l’orizzonte, comunque, i magistrati di Cassazione precisano che il coniuge affidatario della prole minorenne, o maggiorenne non autosufficiente, assegnatario della casa familiare, può opporre al comodante, che chieda il rilascio dell’immobile, l’esistenza di un provvedimento di assegnazione, pronunciato in un giudizio di separazione o divorzio, solo se tra il comodante e almeno uno dei coniugi (salva la concentrazione del rapporto in capo all’assegnatario, ancorché diverso) il contratto in precedenza insorto abbia contemplato la destinazione del bene a casa familiare. Ne consegue che, in tale evenienza, il rapporto sorge per un uso determinato ed ha – in assenza di una espressa indicazione della scadenza – una durata determinabile per relationem, con applicazione delle regole che disciplinano la destinazione della casa familiare, indipendentemente, dunque, dall’insorgere di una crisi coniugale, ed è destinato a persistere o a venir meno con la sopravvivenza o il dissolversi delle necessità familiari (nella specie, relative a figli minori) che avevano legittimato l’assegnazione dell’immobile.
Ragionando in questa ottica, poi, nella vicenda non si può ritenere scaduto il termine del comodato, sulla base delle esigenze della minore e della madre, considerando che il trasferimento della donna (con la figlia) presso altra abitazione non aveva comportato lo scioglimento del rapporto, attesa la condizione risolutiva – espressamente pattuita in sede di accordi di separazione- del mancato contributo dell’ex marito al pagamento del canone di locazione, e, difatti, si è appurato che nei confronti della donna era stata promossa la procedura di sfratto per morosità, a testimoniare il sopravvenuto mancato versamento delle somme occorrenti da parte dell’ex marito. Pertanto, non può considerarsi comodato sciolto per il venir meno dell’uso convenuto.